In fotografia astronomica si sente spesso parlare dell’utilizzo di filtri, in questa guida andremo velocemente a vedere quali sono le macrocategorie principali, ma prima, dobbiamo capire cosa il nostro occhio ci consente di vedere e “come è fatta” la luce.
LO SPETTRO VISIBILE Il termine luce si riferisce alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall'occhio umano.
In fisica lo spettro visibile è quella parte dello spettro elettromagnetico che cade tra il rosso e il violetto includendo tutti i colori percepibili dall'occhio umano.
La lunghezza d'onda (la distanza tra due creste) della luce visibile nell'aria va indicativamente dai 390 ai 700 nm (un nanometro equivale ad un miliardesimo di metro).
Le differenti lunghezze d'onda vengono interpretate dal cervello come colori, che vanno dal rosso delle lunghezze d'onda maggiori (frequenze più basse) al violetto delle lunghezze d'onda minori (frequenze più alte).
Quasi tutte le radiazioni luminose che il nostro occhio percepisce dall'ambiente circostante non sono del tutto pure, ma sono in realtà una sovrapposizione di luci di diverse lunghezze d'onda.
Quando al nostro occhio arriva luce composta da più onde monocromatiche, appartenenti a regioni diverse dello spettro, il nostro cervello interpreta i segnali provenienti dai tre tipi di sensori come un nuovo colore, "somma" di quelli originari, il che è molto simile al procedimento inverso di quello che si fa con la riproduzione artificiale dei colori, per esempio con il metodo RGB.
FILTRI IR CUT/UV-IR CUT
Questa tipologia di filtri consentono di far percepire al sensore una luce con una banda passante che va circa dai 400nm ai 700nm, praticamente solo lo spettro visibile.
Questi filtri vengono utilizzati sia per le foto planetarie che di profondo cielo, in quanto riprendere utilizzando camere full spectrum (camere che possono percepire tutto lo spettro luminoso) può dare dei problemi sulla messa a fuoco di particolari lunghezze d’onda, con la conseguente perdita di dettaglio.
Questo filtro viene utilizzato anche per ottenere immagini di luminanza con camere monocromatiche.
FILTRI IR PASS
Uno dei problemi principali (se non il principale) della fotografia planetaria è il seeing, la turbolenza atmosferica che deforma il pianeta.
Per arginare arginare questo effetto si utilizza un filtro detto IR-pass.
Solitamente la parte dello spettro dell’ infrarosso viene eliminata usando il classico filtro IR-cut, ma quando la turbolenza è elevata dobbiamo lavorare a questa lunghezza d’onda, invisibile al nostro occhio, ma alla quale la turbolenza atmosferica migliorerà.
Con un filtro IR-pass otterremo una immagine in bianco e nero, che potremo, però, implementare con una ripresa a colori (L+RGB).
FILTRI RGB
I filtri RGB sono i classici filtri "Red-Green-Blue", rosso, verde e blu.
Questi filtri vengono usati su camere monocromatiche e non tagliano lo spettro di luce che viene acquisito dal sensore, ma fanno lavorare tutti i pixel sul singolo colore del filtro.
In elaborazione verranno sommate le foto R, G e B per ottenere una immagine a colori (talvolta viene utilizzata anche una foto di luminanza ottenuta con un filtro IR cut (o IR pass, se parliamo di planetario), in tal caso si parla di L+R+G+B)
FILTRI PER L’INQUINAMENTO LUMINOSO
I filtri per l’inquinamento luminoso sono utilizzati per l’astrofotografia deepsky.
Questi filtri servono, appunto, a filtrare l’inquinamento dovuto alla luce artificiale.
I filtri per l’inquinamento luminoso sono filtri ad ampio spettro, ovvero, filtri che permettono di percepire al sensore quasi tutte le lunghezze d'onda, tagliando esclusivamente quelle dannose.
Essendo, come detto, dei filtri a banda larga, non sono particolarmente selettivi, per questo motivo sono adatti particolarmente nel caso di un inquinamento luminoso non eccessivo come, ad esempio, nelle periferie o in campagna.
FILTRI A BANDA STRETTA
I filtri a banda stretta sono filtri che hanno una banda passante che si aggira solitamente dai 7-35 nm e servono per la fotografia di oggetti di profondo cielo.
Questi filtri sono estremamente selettivi e consentono di fotografare le emissioni di un singolo gas.
I principali filtri a banda stretta sono: H alpha (idrogeno) 656 nm
H beta (idrogeno) 486 nm
O III (ossigeno) 500 nm
S II (zolfo) 672 nm
Una volta acquisite le foto con i singoli filtri, in fase di elaborazione verranno sommati e verrà assegnato ad ognuno una tonalità per comporre la colorazione.
A volte, a queste riprese vengono sommate anche immagini in RGB, ad esempio RGB+Ha.
Esistono anche dei filtri a banda stretta con più bande passanti (ad esempio Ha+Hb+OIII) in modo che, se si riprende con una camera a colori, è possibile ottenere la fotografia con un unico filtro.
Questo tipo di filtri permette di fotografare anche da zone soggette ad un importante inquinamento luminoso, in quanto vengono acquisite solamente determinate lunghezze d’onda, differenti da quelle classiche relative all’inquinamento luminoso.
Alessandro Biasia